domenica 9 luglio 2017

Dall'inizio.



Arrivati a fondo pagina si sfila il foglio dalla macchina da scrivere
lo si accartoccia e butta nel cestino
palle di passato da bruciare
un nuovo foglio da inserire
bianco immacolato senza un difetto
profuma di ali per volare lontano
la fantasia accesa palpita di sogni da realizzare
le prime lettere per scaldarsi
poi il salto nella creatività
parole, solo parole ma meglio di niente…
 
 

sabato 8 luglio 2017

La sibilla. (quinta figura)



Uno non sa quel che l’altro vuol sapere e tutti gli altri sanno già.

Il segreto di pulcinella, quanti ce ne sono? un vaso specchio, un nome forma cioè singolare e plurale contemporaneamente, pendolo apparente che gioca a tennis su un campo di Wimbledon, uno non è ne l’altro ne gli altri, checcazzo mi credo di essere, tutti quei libri? Merdaccia, gioco di fino, i cani potrebbero rifiutarmi in tal caso basta girare il significato della parola e tutta fila liscio come olio.

Forma non accertata dall’esperienza quindi innominabile se non con un giudizio a priori, convenzionale, questi si sprecano, ce ne sono a non finire e nemmeno uno che mi piaccia. Restiamo nel nulla, a caso, come viene, di fronte, cioè sulla pagina dove scorre il clip, quello che vuol sapere, il curioso, la spia in incognito, la sonda nel linguaggio e poi tutti gli altri cioè il manicomio.

Una figura tramandata dal passato, un dibbuk direbbe Singer, che si è impossessato di un’ allegra comare  inglese all’apparenza molto altolocata, la figura si allarga, non è che ingrassi ma si ripete, un’eco che ridonda sull’intero pianeta e che comunque, a prescindere dai significati che esprime cioè il manicomio e quindi la chiesa inglese super puritana, è collocata con perfezione assoluta, da perderci la testa.

“Avevo un maialino che si chiamava Sorry, un regalo, veniva dalla Cina.”

“Che cosa ci facevi?”

“Che domande…me la facevo leccare, aveva una lingua rasposa, me la scarnava tutte le volte, mi faceva uscire tutto quello che c’era, un parto continuo, godevo come una pazza…”

Il peso del nome che dà forma alla bara: “Vecchia come sei non ti vergogni a dire queste cose?”

L’occhio ragnetto sull’ombelico del mondo ha un sussulto, si mette a ridere sguaiatamente, colpi di tosse a non finire, prima che soffochi do un colpetto al vaso, la sibilla si riprende e risponde: “Di quale vecchia vai parlando? Io sono giovane, io sono la madre di dio, l’ho avuto da lui!”

“Lui chi?”

“Che domanda, lui, il maiale, Sorry…”

“Vuoi dire che oltre a leccartela ti faceva anche…”

Altro scoppio di risate, si calma e continua: “Cosa dici, lui, lo avevano castrato da piccolo, era così carino, aveva un musino…”

“E come lo hai fatto il figlio allora?”

“Me lo ha portato lo spirito santo, figlio di dio garantito al cento per cento, solo che…poverino, lui, non è fortunato, ecco! Mi fa stare sempre in pena…”

Il vaso, una mazza e ribatto: “Non capisco, in tal caso che c’entra Sorry?”

La voce si fa fievole ed aspra, come se uscisse dalla bocca di una medium in trance: “Tu non sai, lui è morto ormai da tanti anni ma… solo mura intorno a me, spoglie lurida mura… viene o trovarmi tutte le notti nei sogni e… lui mi ha detto di essere dio e che era venuto da me per provarmi, lui è il mio sposo divino e quando morirò…torneremo insieme…ma non posso morire, vorrei tanto ma non posso, lui non vuole, dice che non posso lasciare il suo santissimo figlio in questo mondo di bruti altrimenti quell’altro, l’impostore, il diavolo lo ucciderà!”

Flemma inglese, a aplomb perfetto: “Chi sarebbe questo impostore?”

Altra risata isterica, singhiozzi, tosse eccetera con pianto dirotto finale poi continua, aspra, carica d’odio: “Lui è Giuda, lo deve tradire ma non lo permetterò, tu non sai quanto mi ha fatta soffrire, lui mi ha tradita…a me, la madonna, io…quanto ho sofferto…”

“Prima o dopo il maiale?”

“Che domanda, prima, se lo avessi conosciuto dopo non l’avrei neanche guardato in faccia.”

“Che cosa ci facevi con quello?”

“Oh!...questo non te lo dico, scoprilo da solo…”

“Devi essere una romanticona, quante volte hai letto “L’amante di lady Chatterly”… era più bravo di Sorry?”

Silenzio. Il vaso tace, probabilità adattata, l’abito pietrificato di una regina, chissà chi ed in quale antichissimo passato lo vestì la prima volta, patchwork della tela di Aracne, lunga catena aggiornata al presente da un fragile gambo che sostiene un peso ormai impossibile da reggere… che succederebbe altrimenti?...fuori dalla finestra si vedono i cortili del palazzo che si stanno riempiendo di merda, livelli uno sopra l’altro, le mura traboccano, qua e la si aprono crepe, si sentono sordi scricchiolii, quando torneranno coi cani…

venerdì 7 luglio 2017

La sibilla. (quarta figura)


La caccia alla volpe.
L’occhio di dio che guarda dalla tomba, la foto con l’occhio, la foto è una tomba? Forse una credenza, gira e rigira si scrivono sempre le stesse stronzate, un manicomio, habitat naturale, l’occhio del morto, il castigamatti, le spie della Cia e del KGB, agente 007 con licenza d’uccidere, s’alzano i bombardieri a bruciare Sodoma e Gomorra, insomma che palle!

Qualcosa di nuovo in tema… Un giorno, era estate, faceva caldo e stavo dondolando sull’amaca più annoiato che mai, tenevo il cazzo in mano per farmi una sega ed indugiavo sulle tante facce che apparivano nel sogno offrendosi di succhiarlo quando dal cielo arrivò un tipo in picchiata, era vago da descrivere comunque disse: “Lassù hanno deciso una caccia alla volpe, preparati perché la volpe la farai tu, non ti daranno tregua fino alla morte, fossi in te comincerei a correre.”

Alla notizia il cazzo semifloscio che stavo menando  venne subito duro e mi sborrai in mano, ero in fregola, finalmente qualcosa di eccitante. Il tipo era volato via con la stessa velocità con cui era arrivato, il problema era logico, dovevo studiarne una da fregarli tutti, come al solito in questi casi mi affidai all’improvvisazione ed ecco come andò.

Si sentivano latrare i cani, non avevo un attimo da perdere, con un fischio chiamai la mia astronave che tengo posteggiata in un cratere profondo del Fushijama, quella arrivò subito ronzando e scodinzolando, saltai a bordo ed in un attimo volai in Asia, feci prendere alla macchina l’aspetto di un drago orrendo e spaventoso ed iniziai a scorrazzare sopra la Cina facendo un fracasso del diavolo e sputando tutte le fiamme che potevo.

Inutile dire che sull’istante tutti i cinesi si cagarono addosso, feci fare al drago ancora qualche pazzia per terrorizzarli e quando vidi che erano pronti calai giù e dissi: “Se volete vivere dovete fare un pacco delle mutande dove vi siete cagati e spedirlo a Buckingham Palace personalmente alla regina Elisabetta altrimenti vi mangio tutti.” E nel dirlo feci digrignare i denti al drago e sputare fuoco e fiamme.

Quelli erano sbalorditi ma vista l’alternativa accettarono, un miliardo e passa di cinesi che si cagano addosso non è cosa da poco, si era alzata una puzza di merda colossale che il vento stava sparpagliando sull’intero pianeta, i cani rimasero confusi e persero le mie tracce, ne approfittai e volai subito a Londra.

I nobili ed i loro servi erano partiti tutti per la caccia, in giro si vedeva quasi nessuno, prima che il postino iniziasse a recapitare la corrispondenza atterrai al castello, nascosi l’astronave in un posto segreto e quindi bussai alla porta…

giovedì 6 luglio 2017

La sibilla. (terza figura)




L’occhio invisibile guardava gli amanti nella foga d’amore
gemiti spasmi d’eccitazione
un fiume di bava colava
lava incandescente dall’occhio colpevole
l’ira di dio soffiava sul quadro
tutto bruciava
misera cenere superstite d’uno stollo di merda…

 
Il numero per la chat.
“L’occhio che guarda dalla tomba, il seme contenuto, non so dove mettere il vaso, è piccolo ma ingombra, dovunque sia non si vede ma si sente, qualcosa che alita amaro e l’aria rimbomba muta del suo profumo. Chissà perché l'ho rubato? Proprio rubarlo dovevo per mettermi un cruccio in più, non ne avessi già abbastanza, va be’ l’ho fatto, inutile piangerci sopra, andiamo avanti.”  
 
Il cartellino si è perso per strada così non ho più la scusa, il vaso, quel ragnetto occhio all’ombelico, una figura spettacolare, probabilità infinite esplodono fuochi artificiali da non capirci un cazzo, la storia di Gige ad esempio che spia gli amanti, l’anello che rende invisibile, Bilbo Baggins, il drago ed il suo fiato sul collo, bacio amaro, forse il bacio della donna ragno di Puig, un ricchione, un ermafrodito, cos’è il nome e qual è la forma?  
 
I fili delle figure eruttate dal vulcano nell’isola misteriosa stavano convergendo nella pagina che avevo davanti, guardavo le lettere scorrere sul foglio, il clip scorreva al presente lasciando dietro di sé una scia di parole che appena scritte entravano nell’attimo passato e da quell’attimo l’occhio guardava, un passato presente, un nome forma, il passato qualunque esso sia non si può toccare, solo nominare.  
 
Il tappo, la tentazione di stapparlo era forte, una figura letterale, non esiste veramente, solo parole, guardavo le probabilità, forse come la lampada di Aladino c’era un genio capace di esaudire qualsiasi desiderio oppure era un semplice canapo funerario e conteneva rimasugli delle interiora di un morto vissuto chissà quanti millenni fa, sapevo che se lo stappavo non avrei più potuto tirarmi indietro, come il vaso di Pandora avrei potuto liberare tutti i mali contenuti, inoltre nella relatività del passato potevo averlo già fatto e peggio di come stavo non avrei potuto lamentarmi…
 
 Count down, il tappo venne via facilmente, dopo il plop onomatopeico dello stappo si sentì un rutto profondo e cavernoso fortunatamente senza odore, poi un ansimare roco quindi una voce d’oltretomba con civetteria femminile disse: “I’m Sorry, I’m very very very Sorry…” e così, per gli amanti dello scriver colto e sibillino si presentò.


 
 

 




 

martedì 4 luglio 2017

La sibilla. (seconda figura)

Un manicomio capitale
con rime doppie a carnevale
guardar si può dal corto al lungo
ma non trattar con quel che pungo
fin la vocale si sente male
se vento che spira non si rigira
scopan come matti la notte ed il dì
dentro la cintola di Venerdì
e di tutta la storia
han fatta baldoria.
 
Canzonar soave di gusto toscano
vergato a prosa con la mia mano…
 
 

lunedì 3 luglio 2017

La sibilla. (prima figura)


 
Quella volta…ma potrebbe essere adesso, il tempo di chi scrive e di chi è scritto non si può definire con certezza perché come tutte le pagine web se si togliesse quel che hanno scritto sopra sarebbero uguali così è anche il giorno, mi sentivo spremuto, come si suol dire ero in ricarica e stavo facendo una ricerca sull’origine della specie al Museo Egizio.
 
Camminavo tra mummie e sarcofaghi, tombe con gli occhi, trovavo la cosa curiosa, così i morti potevano guardare quel che avveniva all’esterno, quando ad un tratto ne vidi una uscire da un sarcofago ed andare verso un muro che si aprì per farla passare e sparì all’interno. L’apertura non si chiuse, incredulo di quel che avevo visto mi avvicinai al muro, subito mi trovai di fronte ad uno specchio infatti rifletteva la mia persona poi l’immagine svanì e lo specchio diventò una porta di vetro ed al di là c’era un piccolo vaso grande quanto il teschio di un uomo adulto su un piedistallo.

 Dovevo aver avuto un’allucinazione, il vetro prima rifletteva la parete di fronte e sembrava chiuso, la mummia non la spiegavo comunque incuriosito aprì la porta e presi in mano il vaso. Era tiepido, morbido, di semplice terracotta, non sembrava antico, l’apertura era chiusa con un tappo di sughero ed aveva solo l’occhio di Ra inciso con inchiostro nero sulla parte panciuta come un ombelico ed un cartellino attaccato con un cordino, sul cartellino era scritto “Rubami!” Il punto esclamativo rendeva l’ordine imperioso, nella sala non c’era nessuno e ce l’avevo già in mano, mi allontanai facendo finta di niente, lo nascosi nella borsa della macchina fotografica poi uscì dal museo.

Camminavo in un cimitero e le foto sulle lapidi guardavano
si sentiva un gran vociare provenire dalle tombe
fuochi fatui a forma di dito puntato
volteggiavano furiosi
gridando vendetta.

 A quei tempi vivevo dentro un immondezzaio mentale, era un cumulo di libri accatastati a formare una capanna nel cui interno avevo scavato una specie di stanza, non era granché ma ci stavo comodo. Corsi subito a rifugiarmi lì, non avevo fretta, giravo sul ciglio della voragine senza fondo ed i diavoli spiavano ogni mossa, posai il vaso sul tavolo e misi una tela sul cavalletto per dipingere la figura…