Capriccio n. 1 Improvvisazione notturna.
lunedì 30 gennaio 2017
Capricci alla chitarra.
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capricci.
Ubicazione:
Torino, Italia
sabato 28 gennaio 2017
Il serial killer benpensante.
Terzo tempo, un’intuizione, uno ce l’ho al limite zero, l’altro
sul punto finale del fenomeno, così la figura è piatta, bidimensionale, nella
realtà i piatti stanno sulla tavola solitamente pieni di cibo prima di iniziare
il pranzo, questa è pura teoria, cosa centra con la tavola? Dicevo così, tanto
che importa, l’intuizione scava nel linguaggio, l’arco della vita, un
arcobaleno dal punto zero al finale su cui scorre il cursore del clip, il panta
rei di Eraclito per intenderci, qualcosa del genere, la figura si guarda, l’arcobaleno
sta sopra il piatto, potrebbe essere ancora il cibo, in questo caso la figura
prosegue dalla bocca al culo, due tempi, il terzo potrebbe essere l’energia
emanata oppure la merda. Merda e cibo sono esterne alla digestione, rimane
l’energia…come inizio può andare ma si può vedere da altri punti di vista, il
foglio di carta oppure lo schermo del computer su cui si scrive, anche loro
sono piatti, almeno all’apparenza, parole come cibo oppure merda, i significati
che esprimono sono esterni alla pagina, escono, sulla carta si vede bene, sul
computer un po’ meno.
Divaghiamo a caso, si potesse ripristinare il corpo come si
ripristinano i computer, reset totale, da zero, un sogno, questi programmatori
devono essere dei geniacci eppure non sopravvalutiamoli, in fin dei conti si
tratta solo di pratica, la macchina agisce domanda e risposta, ogni parola è un
numero di telefono, un nome, collegato dentro la pagina ad una forma, circuiti
stampati su file, script come dicono loro, si chiamano e quelli rispondono, si
vede il processore in mezzo che fa da tramite tra il nome e la forma, una
centrale telefonica che penetra il foglio in profondità, altri significati, la
memoria, dico o sento una parola e nell’immaginazione vedo la forma, anche
l’uomo è un computer, sembra d’essere incatenati, proprio così. La figura si
esporta, ancora energia, senza corrente non funziona come non funziona senza
cibo, ci può essere qualcosa di latente ma in ogni caso anche il latente ha
bisogno di energia, mangiare e cagare è la regola generale, forse file
cannibali che si nutrono di altri file, in fin dei conti il file è come una
zecca gonfia di sangue oppure una bolla di sapone, si possono far scoppiare ma
le catene rimangono, incatenati alla digitazione, basta mancare una virgola che
la macchina tace e spernacchia, incatenati al giudizio, basta dire una
parolaccia che i cottolenghi gridano alla volgarità, il computer non distingue
tra parole buone e cattive, si può scrivere merda oppure brioches e quello non
fa una piega, così dovrebbe essere invece quei geniacci hanno introdotto il safeti
family, come dire il peccato originale, in questo caso un altro terzo tempo, non
si può dire quarto perché è solo nominale, non ha forma, puro giudizio, a
priori Kantiano, tipico del cottolengo americano, I want you dice lo zio Sam, punta
il dito a caso e sotto a chi tocca, altre catene, l’intuizione che meraviglia, altro
che computer, quella tocca dove vuole, senza catene, si vede il peccato
originale informatico, la figura è utile per il confronto, la filosofia non è
informatica questo significa che la forma della filosofia è l’informatica, in
questo caso naturalmente perché la filosofia non è qualsiasi altra cosa quindi
è la logica di tutte le cose.
Continuiamo a divagare, al terzo tempo, cioè all’energia
emanata si vede sovrapposto il giudizio a priori, una catena che blocca, in
America si vede bene, il giudizio di un serial killer ben pensante, esempi ce
ne sono a bizzeffe, tra i tanti De Niro in Taxy driver, Bronson nel giustiziere
della notte, Rambo, Manson ecc., parole prive di giudizio, quel che si vede, l’elevazione
del serial killer, parola della bibbia, anche dio stermina i primogeniti degli
egiziani e la figura si esporta, proprio come nei computer, di generazione in
generazione.
Bene o male sono giudizi a priori, solitamente quel che bene
per uno e male per l’altro e viceversa, Russi e Americani l’hanno menata per anni
con la guerra fredda, il computer è pieno di spie, haker, controlli incrociati,
vatti a fidare di sti cazzi di geniacci, che in fondo, cioè nel data base, siano
dei bambinoni citrulli e creduloni?
Come premessa ci siamo quasi, bisogna intendersi, ogni
porcile ha il suo porcaro ed ogni porcaro i suoi metodi, ad ognuno il suo
mestiere. La probabilità che Cristo alias dottor Faust o falso dottore fosse un
serial killer crocefisso per finta l’abbiamo già esposta ed il risultato, cioè
l’effetto espresso dalla causa la accerta. I pluri omicidi privi di movente
logico che avvengono quotidianamente in America sono l’effetto del perbenismo da
serial killer americano, la libertà è catena, non si può fare un complimento ad
una ragazza che si viene citati in tribunale, si può proprio dire anche se non
sembra, in America quelli che stanno meglio sono quelli che non hanno un cent
da farsi rubare da avvocati fasulli e grandi dottori che non sanno ne verbi ne
tabelline come i somari delle elementari.
In America e in Russia che sono ex muzic che si credono
superiori perché non sono negri, cioè la loro origine, è facile ma la vita non
è uno scherzo e quando il cibo raggiunge il buco del culo l’energia si spegne
ed esce la merda, senza giudizio, questo è il campo d’azione dove si muove la
caccia al tesoro, i geniacci programmano la macchina virtuale, gli scrittori
quella reale, sembra la stessa cosa, si tratta sempre di parole e non si può
sbagliare una virgola.
Adesso bisogna trovare un negro, in questo caso un nero,
sappiamo già che ha la mentalità da ex schiavo come i bianchi, pieno di catene,
il resto dell’identikit lo tracceremo la prossima puntata, rock furioso,
scopate da pazzi e chi più ne ha…
Tratto da: Caccia al tesoro. caccia al tesoro.
Tratto da: Caccia al tesoro. caccia al tesoro.
lunedì 16 gennaio 2017
Baldoria.
Il post. |
Baldoria. |
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La befana. |
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Toccata e fuga.
Ne uccide più la lingua che la spada.
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Il linguista.
Spruzzata tra le nuvole.
Uccelli per aria.
Paciocco di poche parole.
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Bombardamento di piccioni.
Volere cagare, volere volare...
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paciocchi
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Torino, Italia
venerdì 13 gennaio 2017
La sirenetta. (da: La bocca della verità.)
Allestimento.
I suonatori si sono disposti formando un arco a qualche
metro dalla fontana, ci sono molti
strumenti a percussione di vari tipi, una batteria e poi chitarre, mandolini,
il basso, un organo, un sassofono tenore ed un contralto, una tromba ed il
nerone ancora in piedi col tronco sulle spalle che dondola indeciso.
Uno dice: “Non t’aspettare grandi cose, siamo abituati a
suonare le tarantelle per divertirci, nessuno di noi è professionista.”
“Anche per me è la prima volta che organizzo una
coreografia, un poeta per essere tale deve comprendere in sé tutte le arti e se
fallissi… sarà una sfida, bisogna impostare la musica di base e poi sarà sempre
quella in accelerazione progressiva fino a prendere fuoco. Restiamo nella cornice
di una bella jurnata di sole, c’è il mare, il vento, il sole ecc, sapete tutti
com’è, bisogna dargli la voce calcolando che non c’è onda uguale all’altra.
Iniziamo con il ritmo, la batteria farà da metronomo su cui tutti si dovranno
regolare, battute da quattro quarti, ogni quarto segnato dal charleston ed un
colpo di rullante a fine battuta, sempre lo stesso poi ci vogliono
rullatine…come dire, l’onda è andata e ritorno, avanti, poi si sbatte contro lo
scoglio e indugia, torna indietro ed altre vengono avanti, bisogna sentirle,
ogni strumento sarà un’onda, gli spruzzi, il vento le solletica facendole
brezzolare, il volume a livello ed a turni qualcuno suonerà più forte in modo
da evidenziare sempre un onda diversa marcata sopra le altre poi c’è il sole…”
con la coda dell’occhio vedo il nerone in piedi ciondolare col tronco.
Continuo: “Qui si potrebbe usare la voce per disegnare i suoi raggi che si
riflettono rimbalzando sulle onde e gli spruzzi, il musicista non è la musica,
come esempio si potrebbe usare il metodo di Lionel Hampton quando si lanciava
sul vibrafono, emetteva quei suoni addominali con la voce puramente istintivi,
una cosa selvaggia, proprio come la natura che dobbiamo rappresentare.”
Il nerone rimane qualche secondo a guardare le parole nell’aria,
sorride e si decide. Cala il tronco facendolo scivolare sul petto dalla parte
larga, indugia qualche secondo tenendolo sull’inguine come per dire: “Guardate
come ce l’ho grosso!” poi lo posa a terra, da una cavità tira fuori delle aste
e monta un cavalletto con sostegni di corda, ci sistema lo strumento montandoci
una pedaliera regolata sui sonagli e si siede davanti. Sulla parte superiore
del tronco ci sono parti tonde e lisce ricoperte di pelle, le percorre con le
mazze in successione dai suoni bassi agli alti, al fondo fa tintinnare i
sonagli, rintocca battendo su delle lamine poste ai lati e torna nuovamente
indietro rullando emettendo un suono di diaframma con la voce, sopisce il suono
e ricomincia in crescendo anche con la voce variando la velocità delle rullate,
si frange contro lo scoglio…la batteria inizia a marcare i quarti, tutti si
mettono in moto, mentre provano passo agli strumenti: “Adesso bisogna dar voce
alle onde, chi fa da solista con le chitarre?”
Si fanno avanti due con le chitarre elettriche guardandomi
incantati. Me ne faccio dare una e facendo vedere dico: “Il principio è lo
stesso, cominciando dalla corda di mi basso si scende al cantino suonando due
note a caso per corda e arrivati allo scoglio si indugia svisando sui toni alti
a capriccio e si ritorna, prima va avanti uno e poi l’altro, non affaticatevi
troppo all’inizio altrimenti al fuoco non avete più le forze per scatenarvi,
ogni volta i suoni dovranno variare, non c’è onda uguale all’altra, si può solo
improvvisare come fa il mare, di tanto in tanto si deve vedere un gabbiano
alzarsi dalle onde, allora continuate le svisatine con gli alti facendolo
volare.”
Rendo la chitarra, i due si mettono subito a provare e si
aggiungono alle percussioni.
“I fiati faranno il vento, c’è sempre un’andata e ritorno,
bisogna scivolare sulle onde, spruzzare con loro, adesso il mare è calmo
basteranno delle soffiatine, ci sono anche i sospiri della sirena e quando si
alzerà la tempesta bisognerà ululare selvaggi, senza pietà, scatenarsi…”
I fiati iniziano, si alza il vento, le onde scorrono…
“Il basso giocherà con le onde sfumando i toni delle
percussioni, le altre chitarre e mandolini d’accompagnamento all’inizio mi
limiterei a qualche arpeggio e qualche pennata qua e là, dove vi frulla e poi…metteteci
del vostro, fate cantare gli strumenti…l’organo terrà il suono di sottofondo,
il movimento sarà dal mare al sole, quando ci sarà l’impennata finale alla luce
bisognerà salire progressivamente in accelerazione di dodici semitoni come
avviene prima di un’esplosione atomica e poi suonare altissimi nell’ottava
successiva, per comodità con le chitarre direi di mantenerci sul fa maggiore
così basterà scivolare sui barè. Quando ci saranno le accelerazioni vi farò
segno.”
La musica inizia, sul momento si sente un po’ scoordinata ma
mentre si affiata passo ai ballerini.
Guappo dice: “Pensavo che scherzassi ma vedo che fai sul
serio, qui ci vorrebbe un corpo di ballo di professionisti, noi…”
“Storie, andrete benissimo, è proprio il principio delle
tarantolate che dopo il morso si scatenano che bisogna esprimere. All’inizio
Caterina starà sullo scoglio languida abbracciata all’amorino di pietra in
attesa del poeta, i ballerini si disporranno su due ondate, una va avanti, si
frange sullo scoglio e mentre torna indietro va avanti l’altra sui passi di una
tarantella normale, allo scoglio gli uomini alzeranno le donne per fare la
spuma e queste agiteranno i tamburelli ed i fazzoletti ed ogni volta dovrà
essere diverso, quando vi alzano fate dei gridolini goduti come se ve la stessi
leccando, sarà la musica più bella.”
Le ballerine esplodono in un boato di risate e strilli
assentendo compatte.
“Bene, poi arrivi tu come un aquila, le acque si
scompigliano e la tarantella accelera, ti metti a ballare nel mucchio facendo
svenire tutte le ballerine che abbracci, la sirena ti vede e scende ed inizia a
corteggiarti strusciandosi addosso e qui…” Guardo Caterina e le dico: “Deve
essere una cosa animale, dagli delle spallate, fagli vedere che ci sei e che
sei la più bella, poi tirati indietro e
guarda cosa fa, il poeta non si decide ed allora torni alla carica, cerca di
eccitarlo, come fanno le gatte, alza la coda, sventola la gonna, apriti, fagli
sentire la puzza di figa.”
Caterina alla parola impallidisce, poi avvampa e grida: “Di
quale puzza vai parlando? tu sei un mostro, prima incanti e poi…”
Guappo la interrompe: “Calmati, che ha detto? Hai mai visto
come fanno le gatte? È proprio così, è solo una figura, mi piace, che ti ha già
morso il ragno? Se ci fai caso è proprio lo spirito della tarantella.”
Caterina lo guarda furente, poi guarda me e dice:
“Violentata dalla poesia, ebbene, ho capito, andiamo avanti.”
“A questo punto il poeta viene catturato dal tuo odore e
cerca di abbracciarti ma tu non gliela vuoi dare gratis, ti deve meritare, lo
devi far soffrire prima ed allora ti tiri indietro e scappi, il tuo odore deve
lasciare un filo come fanno i ragni ed il poeta lo segue nel labirinto che gli
creerai, sarà come Teseo che segue il filo di Arianna, i ballerini faranno…”
Esecuzione.
C’era una volta una figa sdraiata col buco spalancato in
mezzo a due belle gambe di ballerina, dal buco esce un filo d’odore arrappante
che si ramifica tutt’intorno formando una rete, come quella dei pescatori.
Arriva un cazzetto volando e si impiglia nelle rete, si dibatte per liberarsi e
ne rimane tutto attorcigliato mentre la figa, sbavando di fame, ritira
lentamente la rete all’interno.
Dei faretti fissati su delle aste illuminano il
palcoscenico, un leggero vento soffia dal mare, il profumo della spuma delle
onde si fonde con quelli del villaggio e
dei fiori delle colline che stanno intorno scivolando sulla musica, i suonatori
ci han preso gusto e si stanno divertendo, le percussioni si frangono contro lo
scoglio tintinnando di piatti e sonagli, da lontano si sentono rullatine
crescere d’intensità sempre diverse e poi splash! gli assoli delle chitarre si
alternano sulle onde, proseguendo sui
toni alti un gabbiano si alza in volo e si lancia in picchiate e risalite
duettando col vento soffiato in contrappunto dalla tromba, i sassofoni scivolano sulle onde con leggeri
soffi di innamorati mentre gli accompagnamenti con pennate accennate anche
queste a fantasia sulla tonalità di fa maggiore marcano i quarti battuti dalla
batteria, il tutto abbracciato dalla sonorità dell’organo.
Le ondate del balletto si frangono contro lo scoglio, le
ballerine sollevate strillano godute agitando sonagli e fazzoletti, qualcuna
viene lanciata per aria e scende leggera roteando di spruzzi scintillanti. Caterina seduta
sopra lo scoglio guarda lontano il sogno all’orizzonte del mare sospirando, con
un braccio cinge l’amorino e forse inavvertitamente con una mano gli
accarezza il cazzo di pietra che sembra
diventare sempre più duro.
Arriva l’aquila come una cannonata, entra nel balletto
scompigliandolo, mentre il ritmo accelera i ballerini si mettono a girare
lentamente ondeggiando al passo della tarantella, le acque agitate sollevano
spruzzi di ballerine, più in alto intorno allo scoglio. Guappo, piroettando intorno
a loro fa strage di cuori abbracciandole dove gli frulla, intorno a lui
s’agitano i sonagli e le ballerine toccate cascano languide tra le sue braccia
per poi sciogliersi nelle acque quanto le lascia per rimettersi a ballare al
passo più in là.
Caterina lo vede, rimane qualche secondo a studiarlo poi
scende dallo scoglio ed inizia a ballargli intorno svolazzando la gonna come le
ali di una farfalla. Guappo non la nota e continua il suo gioco allora lei si
avvicina e sempre girandogli intorno voluttuosa lo struscia e spintona poi si
allontana e riprende a scuotere la gonna piroettando sulle punte.
A questo punto si vede un filo invisibile uscirle da sotto la gonna e come
un lazo accalappiare alla gola Guappo, questo annusa l’aria e vede Caterina, il
ritmo accelera, ora i gabbiani volano più alti, i sonagli tintinnano ovunque,
il vento allunga i suoi gemiti in contrappunto e le percussioni rombano
scontrandosi tra loro e contro lo scoglio, tutto avviene spontaneamente, ormai
sono lanciati, il balletto accelera i passi e la spuma vola sempre più alta,
gli strilli delle ballerine argentano i movimenti illuminandoli d’eccitazione
come se cavalcassero tori infuriati.
Guappo si getta su Caterina, lei lo respinge e piroettano
intorno per studiarsi, più volte lui cerca di prenderla ma lei lo respinge
sempre, l’aquila si infuria e tira fuori gli artigli, si getta per ghermirla e
lei fugge correndo con la gonna agitata tra le file ondeggianti dei ballerini
seguendo un movimento a spirale che dalla circonferenza si avvicina allo
scoglio.
Il ritmo accelera, inizia la danza del labirinto, ora sui
ritmi le aquile han preso il posto dei gabbiani e girano in tondo ad artigli
protesi tutti pronti a ghermire, gli assoli di chitarra si contrappuntano ai
fiati agitando le loro ali, le percussioni suonano ad occhi chiusi ormai
avvolti completamente dal ritmo della tempesta che si avvicina, si vedono mazze
andar su e giù, soffi di voce dal profondo uscir fuori selvaggi, il basso
insinuarsi nel gioco col rombo del tuono. Nel villaggio sempre più finestre si
sono aperte con minatori neri che guardano increduli, qualcuno grida da lontano
con voce tenorile o con sonorità di baritono, i suoni si accordano espandendo
le sonorità.
A questo punto siamo ancora al gioco e tutti si divertono,
la figura di Teseo che segue il filo di Arianna, il filo continua ad uscire
dalla gonna svolazzante di Caterina, i ballerini le ostacolano il cammino
ponendosi di fronte, Arianna riesce a sgusciare facilmente dalle loro maglie
mentre Teseo trova più difficile, balzi uno di fronte agli altri poi di qui, di
là, sempre chiuso, allora si butta di forza, lotte simulate tra strilli e
schiamazzi, ci vorrebbero i salti mortali, riesce a passare, perde di vista
Arianna, annusa l’aria e ritrova il filo e continua a seguirla a spirale
avvicinandosi al centro.
Caterina arriva per prima e incontra il Minotauro. Il ritmo
accelera, ormai si sentono solo più dei tum tum ciaf alternati e marcati in
successione che danno l’impressione come il suono affiatato di un unico cuore
che batte dopo una lunga corsa sempre contenuti nei quattro quarti iniziali
mantenuto dalla batteria con rullate vertiginose e gran clangore di piatti,
fiati e chitarre nessuno li tiene più e
sembrano duellare tra loro in lotte furiose, le pennate dell’accompagnamento al
ritmo di una tarantella velocissima, nel villaggio ormai tutte le finestre sono
aperte e sembra illuminato a festa, ai tenori e baritoni si aggiunge il
gorgheggio di soprani che primo sotto il nero della fuliggine non si distinguevano.
Qualcuno canta canzoni napoletane ma nel frastuono generale le voci si fondono
ed anche queste non stonano.
Il Minotauro è un ballerino che tiene con le mani due lunghe
corna fissate alla fronte, Caterina si ferma, guarda Guappo che si avvicina ed
inizia a danzare intorno al Minotauro e quando arriva lo abbraccia. Guappo si
blocca con aria delusa, fa qualche passo indietro poi si sfila dal collo il
cappio e si getta nella mischia riprendendo ad aggrinfiare ballerine. Intorno a
lui le acque si agitano furiose, gran sollevamenti di onde e strilli ecc.
L’attenzione lo segue, allora Caterina si sgancia dal Minotauro ma questo la
trattiene, le indica Guappo e poi si toglie le corna e gliele mette sulla sua
fronte, lei ribatte, le respinge e glieli rimette sulla sua, il gioco si ripete
due o tre volte poi lei gli dà uno spintone e lo manda a ruzzolare e si mette
ad agitare la gonna smaniosa facendo nuovamente uscire il filo, Guappo lo
sente, annusa l’aria e sempre tra mille ostacoli che gli si parano davanti torna
da lei.
Inizia la successioni di semitoni della scala cromatica, uno
ogni quattro battute da quattro quarti, il tempo per uscire dal labirinto, le
percussioni sono solo rullate ed a ogni semitono accelerano, il resto
dell’orchestra sembra che stia per prendere fuoco, chitarre e fiati si lanciano
in improvvisazioni selvagge che si contrappuntano tra loro crepitando come
fiamme, il basso tuona sopra le onde impazzite, gli accompagnamenti certi
rullano con le percussioni altri impazzano pennando note ormai puramente a
caso, l’organo con una mano segue i semitoni l’altra la fa scorrere sulla
tastiera senza ritegno, nel villaggio oltre alle voci tonanti in aumento si
vedono accendersi castagnole, girandole e cascate pirotecniche, qua e là
qualche petardo che scoppia.
A questo punto l’uscita diventa difficile, tutti i ballerini
hanno sentito l’odore di Caterina e impazziscono opponendosi a Guappo, sembra
un incontro di rugby all’ultimo sangue però molto aggraziato, la ballerine
gelose agitano le gonne piroettando e roteando sguaiate coi capelli come fiamme
sollevando altri fili di puzza di figa che avvolgono il balletto in una nebbia
fiammeggiante e si oppongono a Caterina, gira di qui e gira di là comunque,
allargandosi in tondo sempre a spirale riescono ad uscire.
Salto di ottava, fuoco, l’orchestra ormai ognuno per sé
comunque sempre contenuti nei quattro quarti, sono tutti sudati e ansimano
urlando con voci spezzate, dal villaggio tenori baritoni e soprani rimbombano a
tuono da far invidia al An die freude, da tutte le finestre si vedono precipitare
cascate pirotecniche, botti, fuochi artificiali esplodono nel cielo, qualcuno
all’esterno fa esplodere candelotti di dinamite, tutte le ninfe e le fate nel
giro di centinaia di chilometri accorrono volando sulle loro scope incantante e
volteggiando sopra al villaggio si mettono a cantare con la voce della natura,
si sente l’uragano, il vento impetuoso, il fragore dell’eruzione dei vulcani, i
terremoti, le trombe d’aria e chi più ne ha…
Caterina e Guappo, ormai presi dalla parte si lanciano uno
contro l’altro ed inizia la violenza anche se non si capisce chi dei due la fa,
si strappano i vestiti di dosso, morsi, schiaffi, strilli e urla selvagge,
tutti i ballerini li imitano, le femmine in preda al furor bacchico si
avventano sui maschi urlando e morsicandoli, questi rispondono difendendosi
come possono, gli abiti stracciati volano per aria ricadendo a terra formando
un tappeto multicolore su cui sembra scorrere un fiume di sangue.
Il climax è alle stelle, anche queste iniziano ad esplodere
prese dal gioco inondando il villaggio della loro luce. Dal mare iniziano ad
allungarsi lunghe lingue di nubi filamentose arrossate dai fuochi artificiali e
dalle cascate pirotecniche sprizzando elettricità, il vento si è alzato e
soffia a perdifiato sibilando tra i vicoli e sopra i tetti.
Ormai siamo fuori copione, i ballerini pesti e sanguinanti
si aggrovigliano in abbracci selvaggi,
Guappo è riuscito a mettere sotto Caterina, sono ambedue nudi, lei
soffia e strilla come una gatta furiosa, per un attimo torna in sé, con una
pietra colpisce Guappo alla testa e scappa via, corre dal nerone che in quel
momento anche lui impazzito sta rullando sul suo tronco a più non posso, a
schiaffoni lo fa svegliare poi tirandolo per mano corrono fuori dal villaggio.
Guappo si riprende, fa in tempo a vederli uscire dalla
strada e ancora barcollante li insegue. Nessuno si è accorto di niente. Il
cielo è ormai completamente ricoperto, dopo un lampo ed un tuono furioso che fa
tremare ogni cosa inizia a piovere a dirotto calando il sipario.
mercoledì 11 gennaio 2017
Climax.
Leccata.
Pacioccando la tua carne la lingua tra le labbra apre il
solco
le mani piene di
latte scorre l’idea nella bocca che addenta l’allusione
lacera la carne capelli al fuoco s’incendia l’urlo che entra
squassando
solo di piacere per bere al balzo ed inghiottire
sangue anima e rugiada del mattino brilla del sole che
s’alza.
Piatto del giorno
Nella notte l’anello
di ghiaccio al dito di fuoco strappato al vulcano
di festa e baldoria
non rutta, erutta cenere spenta, ronzii di elettrodomestici
lasciati accesi per
burla, si vede appena nascosto nel guano
il seme di niente
fiorire una pianta di fiori infelici.
L’orizzonte una linea
che gira sul piatto del tempo, pietanza farcita di sogni
si sciolgono in bocca,
sapore di specchi infranti, monetine di pezza
prese in prestito
alla banca come neve di manna che imbianca di grigio
scendono e spazzano,
il vento che esce non suona, risuona…
Fredda la mente
allinea parole, zampette di segni
stampati sul foglio al
ritmo di una carezza
con inchiostro di
sangue dal dovere ligio
di far del suo conto
l’unica cosa buona.
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L'usanza russa
Bicchiere alla feccia
Sipario d’ore che cala al tramonto
Desiderio di frangersi
D’onda contro lo scoglio
La prua della nave
Di un nuovo viaggio.
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Il guerriero.
Il tappeto volante
sul tempo non muove
Scorre la vita nel
video, si guarda
Tutte le cose son
nuove
Nell’ attesa che
tarda.
Voler cantar volar
parola
Così taglia l’accetta
Quel che è perché la scuola
Indietro non aspetta.
Profumo di musica la
vita suona
S’annusa al cul dell’opinione
Mentre sul picco il
canto tuona
La lingua arrotola
il cannone.
_______________________________
lunedì 2 gennaio 2017
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