domenica 30 aprile 2017

Ronzinante



Sogni di terra calpestati al suolo
da orme passate prese a fagiolo
oltre la riga che solca il confine certezza non c’è
un pacco regalo da aprire da sé
sorpresa sbirciata  aspettando quell’asso
tra le carte del poker  per fare il passo…
 
Rientro dal tempo che cantavo Dulcinea
tra il ruminar di mulini a vento
soffia quel vento sul fuoco che crea
parola musica colore in un solo momento.



venerdì 28 aprile 2017

Il poeta e la ballerina.



Vederti e prendere fuoco è stato uno,
tu eri una foto ed io una cartolina postale,
tu piroettavi sul mio cuore con scarpette acuminate
ed io seguivo la cometa che porta a Belluno,
un lavoro rimasto a metà tra i regali di Natale…
 
Fin quando la fiamma brucia
bruceranno i nostri peccati,
nudi ci toccheremo la prima volta,
ti farò esplodere la pancia,
l’eruzione salirà alle stelle,
la lava inonderà la terra del nostro amore,
il climax esploderà nell’ ala sciolta…
 
che vola via filando liscio prima che quell’acqua diventi piscio…
 
 

giovedì 27 aprile 2017

L'uccello di fuoco.





Una pagina vergine nella macchina da scrivere
profumo di carta tra le gambe tornite che s’aprono adagio
le dita accarezzano i tasti alle prime parole
il tocco è la lingua che parla allungandosi golosa
all’idea che zampilla d’un tratto.
 
Sfrigola lo scheletro in tutti gli ossicini
il piacere dell’essere pieno di rogne pruriginose che cantano allegre sull’aria del metro
s’ingrossa il fiume che porta alla tempesta
grida di gabbiani in volteggi curiosi
tutt’uno col gatto che si mangia il topo.
 
Sul dunque la punta penetra feroce
vapori di sangue piovono dal  pozzo in tutta quell’arte presa nel trip
vaga la mano solleticando il di dietro
musica di arcobaleni tra le due rive
splendido insieme di quell’odio chiamato amor.
 
All’ultimo rantolo sfila tra i rulli il foglio sfondato
palla di carta per il cestino
un'altra vergine c’è da infilar…
 
 
 

martedì 25 aprile 2017

Narciso e Eco.



Sulla pagina di oggi le parole vorrebbero uscire dai margini
per volare libere dove frulla il desiderio,
l’hardware resiste, un recinto invalicabile,
allora spingono per allargare il foglio agli spazi sterminati della fantasia
tra stelle che fioriscono petali profumati
tra i peli di una fighetta umidi di rugiada appena colata…
 
Nel profondo della giungla si sente ruggire la tigre,
una processione d’ ombre segue la fiaccola sulla strada del nulla…
 
Viene la sera poi si fa notte ed il sogno continua
dentro una botte di mestruo d’annata
tutto è colore quel che suona la banda
la vita in un bicchiere scavato di feccia
camminando nel foglio tra le parole la guardo venir fuori
la mia poesia…
 
 

lunedì 24 aprile 2017

L'esperimento.


Il mondo è la mia città, un accampamento di zingari in giro per l’elemosina, ci sono i papponi con pieni i coglioni ed anche i mammoni che fan gli accattoni, si mangia e si beve per non farla breve e tutto si butta nel forno per il grande ritorno.

 Piove la manna ogni dì anche il venerdì e questo conviene a chi si apre le vene…    Guardavo dalla finestra, non si vedeva un tubo ne idea di scandalo, il piatto girava sulla tavola imbandita, suonava una musichetta ma non c’era allegria, la volevo solo per me ma lei apriva i calzoni a tutti quelli a cui schiacciavo i bubboni…

Sia bianchi che neri e gialli ed arancioni fan file per strada davanti i portoni, si sente nell’aria non so che di pietanza condita con l’olio chiamato speranza che polli e maiali han piena la stanza…oggi lo so che è festa per niente, un sasso è la testa che sprizza scintille craniando col dire sul bello della mente, mente per dire e nulla capire c’è solo il ruttare per non morire…   

Ecclissi di sole, un gran manicomio, un fuoco che brucia chi lascia la mancia, polvere d’amanti che han fatto vacanza in una filastrocca cantata dal caso con strimpello di naso, c’è questo e c’è quello e tutto fa bordello anche la rima che non è fatta per prima…

domenica 23 aprile 2017

Il segno


Il segno è una linea tra il chiaro e lo scuro, lo diceva sempre il professore di disegno al liceo, mi ha lasciato l’occhio clinico infatti in un dipinto è la prima cosa che guardo cioè se le linee sono fatte ad Arte oppure a rigacce.

Il difficile viene quando si cerca di individuare questo segno, nella figura si vede bene, prendendo come origine i lati esterni la linea finale dello scuro al centro non è la linea finale del chiaro, ne consegue che il segno può essere ambedue le linee finali oppure trovarsi tra esse. Le probabilità sono discutibili quindi non certe.

Nell’identità di Fichte il pro ed il contro si identificano al centro, come dire tra meno cinque e più cinque e tra meno cinque e più cinque c’è lo zero. Su questo ragionamento il segno è una linea zero, quindi non esiste oppure non è una linea tracciata, cioè una rigaccia.

Nella logica pura il nome non è forma, questo significa che se non è forma è nome quindi il segno è una parola, lo si può solo nominare.

sabato 22 aprile 2017

La faccia.



La macchina brontola
ingranaggi arrugginiti
sulla stradina che porta non so dove
l’attimo prima è scomparso
quello dopo è a venire
dal finestrino si vede la faccia
fresca d’inchiostro
oggi cammina sulla punta del naso
corre vola s’impenna per aria scalpita freme
quell’attimo e null’altro.
 
 

venerdì 21 aprile 2017

Frittata con i fiori d'acacia.



Frittata con i fiori d’acacia, la faccio tutti gli anni in questo periodo, l’anno scorso non mi era piaciuta granché invece questa volta è venuta buonissima, croccante e profumata. Fiori bisogna metterne tanti, poi si mescolano all’uovo sbattuto come si fa quando si condisce l’insalata e si buttano nella padella senza altri ingredienti, quindi si schiacciano con la forchetta fin quando l’uovo si solidifica per la cottura, naturalmente si può fare anche in altri modi ma a me viene così. Uova e fiori devono essere freschi altrimenti non si sente il profumo.

Nel canone c e g suonano, se si sostituiscono le vocali da acacia ottengo agagia o gagia, altro nome dell’acacia e la frittata non cambia. La frittata si fa con le uova e nel canone la figura delle uova rappresenta l’idea e anche il seme, seme semiologia, diventa parola, si scompongono le lettere e si mettono a friggere quindi si gira la frittata e la si cuoce dall’altra parte. Viene fuori la figura di una parola fritta in padella, naturalmente le lettere si sono fuse e non è più la parola iniziale, potrebbe essere un anagramma ma non si può dire con certezza, i collegamenti possono andare per associazione, ad esempio la locuzione fare una frittata significa fare un pasticcio, un guaio ed in questo caso la frittata diventa pasticcio, a volte ci sono idee covate nell’immaginario collettivo che una volta rotte non possono più fare pulcini ma neppure frittate perché le idee son solo parole, hanno la consistenza dell’aria e l’aria non è buona da mangiare.

In un racconto di I.B. Singer si parla di cabalisti (la cabala è una variante del canone) che passano le giornate a discutere sulle uova macchiate dai culi di gallina, se sono kasher, se si possono mangiare il sabato e così via, girando la frittata si vedono idee macchiate, potrebbe essere il segno portato dai discendenti di Caino quindi si cercano affinità ed analogie, in un mio libro faccio dire al rabbino che esiste una cabala per i più ed una per gli iniziati, questo porta ad Aristotele, gli essoterici e gli esoterici e la cabala esoterica appare come uova macchiate, macchia, sporco…questo salta a Calimero, il pulcino nero che messo in lavatrice diventa bianco. Naturalmente gli essoterici ci capiscono una cosa mentre gli esoterici ne capiscono un’altra…

In ogni caso, da quando ho passato i sessanta, per dirla all’Achille, sono sempre più convinto che è meglio un povero diavolo in buona salute che un papa o un imperatore con il mal di pancia.


Quantità per tre uova.
 
 
Fiori mescolati all'uovo da buttare in padella.
 
 
Fiore d'acacia con ape.
 
 
Ramo d'acacia in fiore.

giovedì 20 aprile 2017

dejà vu.



Palcoscenico d’incanti
tinto al canto dell’uccello che le ali aveva di fuoco
preso al gioco sul più bello che scintille fanno amanti…
 
Brucia cera alla parola che fa il sole al grande salto,
tutta l’acqua che l’arsura rovesciò su quell’incauto,
ancora arde in quella scuola d’altro canto nella sua sfera…
 
Ogni luce è il sol momento, un sussurro a fuoco spento,
giù il sipario nel camerino
per un ultimo cannino da fumar fino al mattino…
Cos’è stato? Solo un sogno nel candore di un bambino.
 

mercoledì 19 aprile 2017

L'idea.




 
Non c’è idea che non sia già stata usata e trita da almeno duemila anni,
l’idea è la creta da plasmare
 e come la creta è sempre creta l’idea è sempre idea,
 cambiano le mode, i vestiti ma chi li veste rimane nudo,
 le costellazioni del mito nel data base di un computer di carne,
 l’immaginazione,
 anche le parole son sempre le stesse,
 una manciata di lettere come mosche in un pugno da aprire…
 
 

martedì 18 aprile 2017

I livelli del pensiero.



Era il periodo dell’imbarchino, bello per certi versi e brutto per altri, comunque quella notte mi ero ubriacato a morte, avevo fumato a più non posso ed avevo anche sniffato un quartino. Ricordo vagamente che avevo cercato la macchina ma non la trovavo e allora m’ero seduto su una panchina e poi in un modo o nell’altro mi ero addormentato. Era quasi l’alba, al Valentino l’aria si stava schiarendo, gli uccelli avevano cominciato a cantare…  Mi svegliai a mattino fatto per il rumore di un camion che stava caricando i rifiuti.

 In quei giorni stavo leggendo Bucowsky, non è che mi piacesse tanto, ce l’aveva a morte coi negri, con gli ebrei e con i ricchioni, sembrava di sentire parlare Hitler, una mentalità radicata nella letteratura americana, però mi aveva rotto i canoni ereditati dal liceo del eroe all’Andrea Sperelli, borghese e dandy facendomi scoprire una tecnica nuova che mi stava rivoluzionando il modo di scrivere.  Aprii gli occhi con questi pensieri, forse era la continuazione di un sogno, avevo un leggero mal di testa, nausea e mille altre cose fastidiose ma il pensiero andava per conto suo e lo ascoltavo, avevo collegato il filone che dalla moglie maiala di Bloom nell’Ulisse di Joyce passava al parassitismo montmartriano di Henry Miller, Parigi, l’Irlanda e poi l’America e Bucowsky era tedesco, fiutavo anche influssi dalle trasgressioni di Oscar Wilde che però essendo ricchione non doveva piacergli, non ci vedevo il nesso e in quel momento mi accorsi di un nero, giovane e vagamente effeminato, vestito con sandali, jeans attillati pieni di buchi ed una camicia a fiori aperta sul petto glabro dove pendeva una lunga catena con un crocefisso appeso. Il viso truccato con labbroni, un grosso naso, occhi cerchiati, orecchini e capelli ricci tinti di rosso.

 Si vedeva chiaramente che era un travestito, subito i miei pensieri cambiarono e si misero a battere a campana contro i ricchioni, che cazzo vuole questo? Come me lo tolgo di torno? E così via, quello intanto si avvicinò e mi chiese in un italiano stentato se sapevo dirgli dov’era Porta Nuova.

Provavo repulsione, in un angolo della mente si insinuò un pensiero nuovo che diceva che quella mentalità non era radicata solo in America, per un attimo scorsi le suore al catechismo ed il prete poi e quindi la Bibbia, gli impestati di Sodoma inceneriti nei forni dell’ira divina e gli indicai automaticamente la strada da prendere senza guardarlo in faccia.

“È molto lontano?” chiese ancora lui.

“Neanche un chilometro.”

“Allora ho tempo… il treno parte alle undici e poi…” si mise a ridere e continuò: “Non ho neppure i soldi, tu…che hai fatto stanotte? Hai una faccia…però non sei malaccio, se mi dai ventimila lire ti succhio il cazzo, che ne dici, sono brava.”

 La proposta mi inorridì, non ho mai avuto niente contro i ricchioni, forse è una cosa che bisogna cominciare da bambini, neanche me l’avesse chiesto un cane, per me ognuno è libero d’essere quello che gli pare ma ognuno al suo posto e gli risposi malamente d’andare a rompere i coglioni a qualcun’ altro.

 Lui imbronciò gli occhi e dondolando sulle gambe, con voce in falsetto, continuò: “Sei cattivo, ne ho proprio bisogno, devo essere a Milano nel pomeriggio, dammi almeno qualcosa.”

I miei pensieri cambiarono ancora e questa volta si scagliarono contro gli accattoni, provavo un fastidio indicibile che la nausea ed il mal di testa acuivano all’insopportabile, gli dissi ancora di andarsene, invece lui alzò una spalla e si sedette sulla panchina. Odorava di sudore misto a non so quale profumo, aveva la pelle nera degli africani ma il viso incipriato lo facevano sembrare uno zombie.  Ero disarmato, dalle narici scendeva ancora il gusto dolciastro della roba e la nausea era aumentata, avevo voglia di vomitare, provai ad alzarmi ma lui mi trattenne e disse: “Tutte le parti sono comprese nell’universale, tu ti credi superiore a me?”  

Le sue parole mi stupirono, i pensieri cambiarono ancora e questa volta si buttarono sulla filosofia, lo guardai negli occhi per la prima volta e gli chiesi: “Hai letto Hegel?”

 Lui rise e ribatté: “Mi sembri il tipo che si ferma alle apparenze, che ne sai di me?”

 Andavamo avanti rispondendoci a domande e risposi: “A me piace farmi i cazzi miei e questo ti basti.”

“Va bene, a me piacerebbe proprio fare il cazzo tuo e lo farei con molto amore…”  

Ancora… di natura non sono scortese, quello che aveva detto mi aveva colpito e non volevo più trattarlo male allora tirai fuori il portafoglio per dargli qualcosa e togliermelo dai coglioni. Guardai dentro: “Contando gli spiccioli m’è rimasto un dieci mila, te li do ma lasciami in pace.”
Non era vero, avevo appena finito un lavoro e ce l’avevo gonfio, ma dieci mi sembravano sufficienti.

 “Così?... sei proprio un bel tipo, però se me li dai li prendo ma…non mi va di averli gratis, credimi, tu ce l’hai con quelli come me ma che ne sai, hai mai provato?”

 “No, non mi interessa.”

“Parole, mi vorresti dire che sei un ipocrita ben pensante?...se non l’hai mai fatto prendila come un’esperienza nuova, dieci mi bastano, tu tieni gli occhi chiusi, non guardare, faccio tutto io. Poi ti sentirai più leggero, vedrai… noi lo facciamo meglio delle donne perché loro non ce l’hanno e non lo conoscono altrettanto bene.”

La repulsione si era allentata e la proposta mi stuzzicava, in quel momento i pensieri si erano zittiti ma sentivo un diavoletto tentatore che mi incitava da in mezzo alle gambe. Lo guardai bene, aveva il corpo flessuoso, non dimostrava più di vent’anni, il viso femmineo, le labbra che sembravano fatte apposta. Rimasi un attimo in silenzio e poi gli chiesi: “Siamo in un parco, è pieno di gente, dove lo vorresti fare?”

 Lui indicò un grosso cespuglio che cintava una fontana e rispose: “Andiamo là, tu ti sdrai e lasci fare a me, sarò uno zuccherino, ti farò vedere le stelle.”

“Va be’, andiamo.”

Ci portammo dietro la siepe, mi fece sdraiare nell’erba e iniziò subito a massaggiarmelo da sopra i pantaloni con tocco delicato ed eccitante. Mentre mi sbottonava la cerniera disse: “Adesso chiudi gli occhi, dev’essere una sorpresa.” E con la mano me li fece chiudere.

 A occhi chiusi sentivo le sue carezze sul corpo, aprì la cerniera e lo tirò fuori, ce l’avevo duro come un mattone, sentivo che lo massaggiava e la cosa era estremamente piacevole, poi non sentì più niente, rimasi un minuto in attesa e riaprii gli occhi, lui non c’era più, mi alzai di scatto e lo vidi in fondo alla strada che correva, istintivamente portai la mano al portafoglio, naturalmente era scomparso.

Ormai era troppo lontano per rincorrerlo e di fare chiassate non sono il tipo poi…bella figura ci avrei fatto se l’avessi raccontato. Nel parcheggio vidi la mia macchina, mentre la raggiungevo facevo i conti, nel portafoglio non tenevo i documenti, ci avevo rimesso duecento mila ma in banca ne avevo ancora qualche milione, mentre mettevo in moto, non so perché, mi mise a ridere.

lunedì 17 aprile 2017

Gocce d'aprile.

 
Scatti con improvvisazione.
 
 



Il pungiglione.


 



Fili di ragno tessuti a pelo
col ciuccio in bocca assaporo il veleno
gusto squisito senza ricordi
oblio
il lago infinito nella goccia fatale
senza paura il guerriero va per la sua strada
lingua acuminata, pungiglione letale
fuori dal tutto
uno.
 
 

domenica 16 aprile 2017

Fantasia.


Fantasia,
dolce cremosa
con panna e ciliegine piccanti
la tua pelle,
mordicchiando le tette
scorre il latte
fiume di sangue effervescente,
nutriente
e l’immaginazione vola sul vulcano,
un’eruzione spettacolare
in cima al pennacchio ancora noi,
stuzzicandoci qua e là,
spiluccando uno ad uno
è e non è
di questo sogno.
 
 

sabato 15 aprile 2017

Casualità



 
Casualità,
un giorno qualsiasi ne freddo ne caldo,
il centro esterno alla circonferenza cammina in mezzo,
tigre spelacchiata adocchia i bocconcini per strada,
giungla spietata, vietato mordere,
ingrigito a cazzo chino
il ruggito romba tuono nel vento agli abissi deserti,
sopito l’eco risuona pernacchia
allora torna il buon umore
mentre le ore macinano alla sera.
 
Crucci, pensieri, apro il frigo, m’accontento e godo…
 
 

venerdì 14 aprile 2017

Cul de sac.



Serata in garçonnière al lume di una bougie,
lei stava in un quadro appeso alla parete,
anima di trementina profumava il male tra le gambe,
il bene guardava da lontano e non vedeva niente,
allora allungava la lingua, sussurrava paroline dolci,
miele gocciolava dal favo ed il male ascoltava e beveva…
 
una cascata di vetro baciata di sole,
era il tramonto e si sentiva una musichetta
venir su dal boulevard,
entrava dal buco della serratura
ed il male danzava piroettando nella cornice,
la strada proseguiva sui tetti insieme ai gatti
e le tegole battevano l’ali fino alle stelle.
 
C’era silenzio ma brillava
abbracciato al bene nel cul de sac.
 

giovedì 13 aprile 2017

La pozzanghera.



Scoprono doppio a pelar patate
tutte le strade che portano a nulla
alitar la testa di cazzo
fuori dall’acqua che piove dal tempo
non c’è frase da datare
c’è un dito per contare
uno
poi s’apre tutto il fiore al suo profumo.
 
 
Voluttà d’essere, tu sei la mia pozzanghera
da cui bevo
e sol mi beo.
 
 

martedì 11 aprile 2017

Il canarino.



Tutto il giorno sulla riva
a guardare l’altra parte
il foglio bianco e le parole
sul trenino delle fiabe
volare tra sogni oscuri
 
desiderio da canarino, la gabbia aperta…



 

domenica 9 aprile 2017

Pranzo al sacco.




Pranzo al sacco, in questo caso uno stinco di maiale cotto al forno ed una pagnotta, una passeggiata nel bosco e poi si trova un bel posto per sedersi e alé…pancia mia fatti capanna. Ricorda la vita randagia dei cacciatori che si cibano di quel che mettono nel sacco.
 
Mettere nel sacco è un modo di dire dai svariati significati che probabilmente ha questa origine calcolando che mettere nel sacco è anche mettere nello stomaco che così diventa il carniere del organismo quindi mettere qualcuno nel sacco significa mangiarselo e questo deriverebbe dai tempi preumani ed al cannibalismo confermando le probabilità espresse nei miei libri.

 Il termine sacco rimane pressoché invariato in tutte le lingue di origine celtica e non sono stato a guardare oltre, interessante il significato di to sack inteso come fottere che rimette in relazione la cucina con il sesso.

 In questo caso ad essere sacco è la figa che prende la forma di una bocca che si mangia il cazzo ma potrebbe anche intendere l’ovulo che mangia lo spermatozoo, la figura si estende ai rapporti orali, in questo caso è la bocca a prendere la forma di una figa e qui sarebbe interessante vedere dove si trasferiscono le ovaie, calcolando certe gole profonde e le usanze preumane probabilmente nello stomaco, in questo caso il cibo messo nel sacco diventa un feto e la figura prende una doppia direzione, una reale dove si partorisce una merdaccia dal culo ed una ideale che interessa la psicologia ma che comunque è sempre in rapporto con la merda trasferendo il culo sulla faccia come si vede nelle facce da culo.

La stessa cosa si può dire per una lingua che si infila nella figa, la figura si inverte perché a mangiare è chi infila la lingua anche se sembra il contrario, a me piace da scorpacciare, probabilmente un’altra usanza preumana quando il sesso avveniva unicamente per via orale allo scopo della nutrizione mentre i rapporti riproduttivi erano una fiammata veloce.

 Per non tornare con le pive nel sacco, cioè a sacco vuoto perché anche la piva è un sacco e sacco vuoto per sacco vuoto dà zero (come capitava ai tempi che andavo a caccia di femmine e non riuscivo a beccarne una) si guarda la figura, una piva nel sacco, forse un noumeno kantiano trascendente, in questo caso riguarda la masturbazione e vuotare il sacco intenderebbe liberarsi di tutte quelle immagini sepolte nella memoria, seguendo il filo del discorso bisognerebbe trovare il buco del culo della memoria per cagare tutta la merdaccia accumulata, forse è otturato ed il problema potrebbe trasferirsi nella realtà causando stitichezza, la figura è da sviluppare, in attesa di vomitare buon appetito.

  PS. Gli uccelli tigre della società preumana, quelli che organizzavano le tribù, i più astuti e feroci, con la parola sono diventati gli scrittori. Questi hanno un’altra lingua che volgarmente si chiama poesia e sono abilissimi nel metterla dove vogliono, anche nei culi dei popoli e metterlo in culo tutti sanno che vuol dire, lato e traslato…

sabato 8 aprile 2017

La libertà.


Quel giorno ero al Valentino seduto all’ombra di un salice piangente vicino ad una fontana e stavo leggendo il racconto “I sette piani” di Buzzati, ero arrivato a metà e già avevo intuito come sarebbe andato a finire, cominciavo ad annoiarmi e guardavo in giro, poco lontano accovacciato tra l’erba c’era un chitarrista che suonava cantando ad alta voce, proprio in quel momento diceva:
 
“Bella che stai alla finestra
guarda quell’ombra che cammina in strada
dritta e feroce è la sua spada
tutta per te ribolle la minestra…”

  rimasi un attimo a meditare sulla rima della minestra che mi sembrava eccessiva quando senza preavviso mi ritrovai davanti uno specchio, mi assomigliava vagamente e senza chiedere il permesso si sedette accanto, appoggiò la schiena al tronco e tirò un sospiro di sollievo. Può sembrare strano ma quello fece proprio così, ero imbarazzato ed anche infastidito, stavo per alzarmi e cambiare posto ma lui mi prevenne dicendo: “Aspetta, sono venuto per parlare d’affari, qual è la cosa che ti interessa di più, esprimi un desiderio.” Lo specchio era di vetro come son fatti gli specchi ma questo oltre a parlare aveva una particolarità non facile da descrivere, era al contrario, non si vedeva dall’esterno ma dall’interno, era la prima volta che guardavo dall’altra parte e mi intendevo poco di anatomia. Comunque le sue parole mi stuzzicarono, rimasi a pensare un attimo mentre il chitarrista cantava:  

“Giù per la china ho trovato il fosso
seguendo il passo delle sue scarpette
profumo di latte, sembravano tette
invece era acqua tinta di rosso…”

  e risposi: “Mi piacerebbe avere un sacco di soldi!” Lo specchio rise e ribatté: “Che cosa te ne fai dei soldi?” “Quello che mi pare, la libertà.” “La libertà posso capire…” continuò lui, “ma i soldi, guarda.” Sullo specchio apparve un nababbo pluri miliardario che si stava contorcendo a letto per il dolore con intorno uno stuolo di medici che lo assistevano e più in là i parenti tutti inginocchiati in lacrime che pregavano sottovoce implorando la sua morte per poter ereditare.” La cosa non mi sorprese e dissi: “Questo è un caso limite, che centra, sei forse un cinico? Tutti prima o poi si deve morire, questo si sa ma nel frattempo…e sì, nel frattempo…” Non mi fece conclude la frase, nello specchio apparve un tavolo ricoperto di tasse da pagare mentre stavo discutendo col commercialista su come imbrogliare il fisco, subito dopo volando come pipistrelli nella notte nuguli ululanti di paure sotto forma di ladri, rapinatori, assassini, ecc. e nel mentre mi stavo ricoprendo di fili spinati che sembravo una mummia acuminata.” “Questo è quello che fanno i bischeri!” esclamai, “Per me sarebbe diverso…” Lo specchio rise e continuò: “Ne sei sicuro?” Guardai la probabilità, in effetti si ramificava in una serie di effetti fastidiosi che mi piacevano poco, rimasi un attimo indeciso ascoltando il chitarrista cantare:  

“Bella che stai alla finestra
là sulla strada che porta al sole
prendi con te queste parole
che volan deste sulla via maestra…”

  poi dissi: “Forse hai ragione, allora cos’è la libertà, senza un soldo non si cava un picco, è come stare in prigione, tutte le cose che si sognano, è un inferno!” Lo specchio sbuffò una nuvoletta sarcastica e disse: “Già, hai centrato l’argomento, che cos’è la libertà? C’è molta confusione sull’argomento, un nome la cui forma non è di facile interpretazione, per saperlo bisognerebbe chiederlo a lei.” “A chi?” “Lei, la libertà, vuoi che non sappia che cos’è?” “Dove si trova questa libertà?” Proprio in quel momento il chitarrista cantò:

“Cuore che intendi senza pensiero
quel che il momento ti porta a fare
solo te stesso tu puoi amare
e ogni attimo che ti par vero…”
 

venerdì 7 aprile 2017

senza parole.


 
Senza parole un esile filo s’appiglia la vita
un passo alla fossa scavata di fresco
profumo arcano dell’essere nulla
un piacere mai provato
tizzone spolverato sotto la cenere
s’attizza
al nuovo giocattolo…

 
 

mercoledì 5 aprile 2017

Ruota panoramica.

Ruota panoramica.

Il buco nero.

Il manicomio.

Il naso.

La figura del cretino.

Favola.

Pagina bianca.

Il convitato di pietra.

L'isola del tesoro.

L'immacolata.

Libellula