giovedì 6 luglio 2017

La sibilla. (terza figura)




L’occhio invisibile guardava gli amanti nella foga d’amore
gemiti spasmi d’eccitazione
un fiume di bava colava
lava incandescente dall’occhio colpevole
l’ira di dio soffiava sul quadro
tutto bruciava
misera cenere superstite d’uno stollo di merda…

 
Il numero per la chat.
“L’occhio che guarda dalla tomba, il seme contenuto, non so dove mettere il vaso, è piccolo ma ingombra, dovunque sia non si vede ma si sente, qualcosa che alita amaro e l’aria rimbomba muta del suo profumo. Chissà perché l'ho rubato? Proprio rubarlo dovevo per mettermi un cruccio in più, non ne avessi già abbastanza, va be’ l’ho fatto, inutile piangerci sopra, andiamo avanti.”  
 
Il cartellino si è perso per strada così non ho più la scusa, il vaso, quel ragnetto occhio all’ombelico, una figura spettacolare, probabilità infinite esplodono fuochi artificiali da non capirci un cazzo, la storia di Gige ad esempio che spia gli amanti, l’anello che rende invisibile, Bilbo Baggins, il drago ed il suo fiato sul collo, bacio amaro, forse il bacio della donna ragno di Puig, un ricchione, un ermafrodito, cos’è il nome e qual è la forma?  
 
I fili delle figure eruttate dal vulcano nell’isola misteriosa stavano convergendo nella pagina che avevo davanti, guardavo le lettere scorrere sul foglio, il clip scorreva al presente lasciando dietro di sé una scia di parole che appena scritte entravano nell’attimo passato e da quell’attimo l’occhio guardava, un passato presente, un nome forma, il passato qualunque esso sia non si può toccare, solo nominare.  
 
Il tappo, la tentazione di stapparlo era forte, una figura letterale, non esiste veramente, solo parole, guardavo le probabilità, forse come la lampada di Aladino c’era un genio capace di esaudire qualsiasi desiderio oppure era un semplice canapo funerario e conteneva rimasugli delle interiora di un morto vissuto chissà quanti millenni fa, sapevo che se lo stappavo non avrei più potuto tirarmi indietro, come il vaso di Pandora avrei potuto liberare tutti i mali contenuti, inoltre nella relatività del passato potevo averlo già fatto e peggio di come stavo non avrei potuto lamentarmi…
 
 Count down, il tappo venne via facilmente, dopo il plop onomatopeico dello stappo si sentì un rutto profondo e cavernoso fortunatamente senza odore, poi un ansimare roco quindi una voce d’oltretomba con civetteria femminile disse: “I’m Sorry, I’m very very very Sorry…” e così, per gli amanti dello scriver colto e sibillino si presentò.


 
 

 




 

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