domenica 19 marzo 2017

Pagina bianca.




Le figure del canone, una serie di passaggi obbligati, il poeta pittore e musicista, si va a naso quindi il profumo, si dice fiutare la pista ed ecco apparire l’immaginario collettivo, per il momento non suona, si vede un armadio baule pieno di abiti rosi da tarli che rodono, le canne dell’organo attaccano la Toccata e fuga in re minore di Bach, solo il nome ed a questo punto appare un immenso cimitero sulla luna, figure aggiornate di fuochi fatui che danzano sulle tombe ognuno la sua storia, potrebbe avere inizio dalle figure della mitologia classica, Giove and company, ogni popolo ha i suoi, nomi diversi applicati alle stesse forme che poi si evolvono ad oggi con le facce trasmesse dai media. Dico potrebbe perché potrebbe essere più antico ma per il momento limitiamoci a questo. L’immaginario è un universale immaginato quindi trascendente, come ogni buon filosofo sa l’universale è formato da parti, un patchwork tipo la tela di Aracne, in questa si vede la cripta buia di una chiesa, una luce fatua sul fondo, l’organista tocca, si vede un imponente crocefisso con J.F. Kennedy inchiodato com’era prima della morte, tutto come al solito, la corona di spine, la ferita al costato, la fascia lurida e insanguinata che gli copre il “pacco”.
Di fronte inginocchiata c’è una suora in tonaca nera, la si vede di spalle, sembra che stia recitando un rosario ma non si può dire con certezza perché biascica le parole come se fosse senza lingua. Sequenza, si avvicina al crocefisso e gli addenta i coglioni sotto la fascia poi scuote la testa avanti ed indietro come se volesse staccarglieli, smette qualche secondo e la si sente pronunciare più volte con astio acido e rancoroso: “Traditore!” e riprende ad addentarlo e tirare, Il crocefisso non è affatto una statua, sembra proprio carne viva, muove la testa gemendo a denti stretti e con voce soffocata dal dolore dice: “Perdonami… tornerò e ti salverò…”
La suora non sembra ascoltarlo e continua a mordere, un movimento statico puramente onirico così come potrebbe sognare una mummia morta da millenni, a questo punto mi deve aver sentito, la suora smette di mordere e gira la testa verso di me. Nella penombra del cappuccio si vede un volto scheletrico con la pelle sottile ed incartapecorita, il naso rientrato, la bocca un grumo, gli occhi infossati con sul fondo due pallide luci che tremolano.
La suora si tocca il viso poi con voce stranamente giovane e civettuola, in inglese americano che per comodità traduco in italiano dice: “Di che stai parlando? Guarda come sono bella, nessuna è più bella di me!”
Dopo la toccata la fuga, su una linea melodica si vede Rea Silvia sepolta viva che accusa Marte di averla sedotta, su questa si vede l’inferno però non quello immaginario, quello reale.
“Chi sei?” le chiedo.
La suora con uno strillo molto femminile di sorpresa risponde: “Come, non mi riconosci? Io sono Marylin Monroe, la divina!” Guardo le probabilità e continuo: “Qui non esistono specchi?”
Lei con voce questa volta roca e cavernosa ribatte: “Di quali specchi vai parlando? Tu piuttosto, che ci fai qui?”
“Sono venuto ad ucciderti.”
“Ah ah ah!” ride lei, “sono già morta e lui…” indica il crocefisso, “ha promesso che verrà per portarmi in paradiso ma…è falso, un bugiardo…tu non sai…”
Kennedy dalla croce ha aperto gli occhi, con voce pietosa e supplicante ripete: “Perdonami, tornerò e ti salverò…”
La suora lo guarda, alza una spalla indifferente e con occhi diventati più luminosi torna a rivolgersi a me. Con probabilità da manicomio dice: “Sono contenta che sei venuto, adesso non sarò più sola. Lui…” mormora una bestemmia sotto voce e continua: “Anche tu all’inferno, lo sapevo che saresti venuto qui, quando sei morto?”
Ignoro la domanda e probabilizzo: “Una parola che non muore, quando te lo disse l’ultima volta?”
“Che cosa?” chiede lei, leggermente allarmata.
“Che sarebbe tornato per salvarti.”
La suora guarda il crocefisso poi gli si avventa contro e gli morde furiosamente i coglioni gridando: “Traditore, traditore!”
Tasto delicato, con cautela ribatto: “È inutile che mordi, quei coglioni non esistono, non li ha.”
Lei si scosta dal crocefisso tremando, mi guarda e con voce mielosa dice: “Allora vuoi che lo succhi a te?... sono brava a succhiare cazzi, lo faccio anche ai… tiralo fuori, che aspetti, ti faccio un pompino all’americana, non c’è nessuna più brava di me a farli.” “Di quale sogno stai parlando? Non ho voglia di sprecare parole con una vecchia rincoglionita, quando te lo disse l’ultima volta?” La suora si passa una mano scheletrica e rugosa davanti agli occhi, dondola il corpo per qualche secondo e risponde: “Me lo disse…mi pare…forse stavo guardando la televisione, c’era lui e parlava dei ragazzi in Vietnam, poi mi guardò fisso e lo disse, disse proprio così, che sarebbe tornato a salvarmi…poi…ci fu un esplosione, la televisione…esplose e…poi…mi ritrovai qui…da allora…”
“È avvenuto tutto per televisione, cose che ti sognavi, lo hai mai visto di persona?”
  “Certo, veniva tutte le notti, mentre dormivo, si infilava nel letto e poi… io…nessuna lo…” si interrompe e si mette a singhiozzare. Continuo: “Eri malata di nervi, non riuscivi più a lavorare, ti avevano abbandonata tutti e avevi il corpo che si riempiva di grinze e cuscinetti, ci doveva essere un dottore…”
“Oh sì, anche lui e qui, è un angelo bellissimo, sta su in paradiso, ogni tanto me lo fanno vedere, nell’ora d’aria, sai, qui…mi vergogno tanto.”
  “Hai avuto un figlio da lui?”
“Questo è un segreto che non sa nessuno, chi te lo ha detto?”
“Si vede nella figura, il figlio di dio, lo hai saputo qui, però tu sei ancora vergine perché avevi…”
“Se sai già tutto perché insisti?...”
È vero, infatti ci sarebbero tante cose da aggiungere ma si apre una porta e nella cripta si accende una lampadina sul soffitto, entrano due infermieri neri africani grossi e muscolosi, la sollevano per le ascelle e dicono: “Per oggi basta così, sei stanca, ora devi riposare.” Senza dir altro la trascinano fuori, un corpo esangue, privo di qualsiasi volontà. Nella cripta rimasta vuota l’automa crocefisso ripete: “Perdonami, tornerò e ti salverò!” ai muri che rispondono l’eco.

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