Una pagina vergine
nella macchina da scrivere
profumo di carta tra
le gambe tornite che s’aprono adagio
le dita accarezzano
i tasti alle prime parole
il tocco è la lingua
che parla allungandosi golosa
all’idea che
zampilla d’un tratto.
Sfrigola lo
scheletro in tutti gli ossicini
il piacere
dell’essere pieno di rogne pruriginose che cantano allegre sull’aria del metro
s’ingrossa il fiume
che porta alla tempesta
grida di gabbiani in
volteggi curiosi
tutt’uno col
gatto che si mangia il topo.
Sul dunque la punta
penetra feroce
vapori di sangue
piovono dal pozzo in tutta quell’arte presa nel trip
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