Avevo preso carta e penna per scrivere una poesia, avevo la frase:
“Una nuvola di
niente offusca…”
ero indeciso se continuarla: “Offusca l’aria…” oppure: “Offusca
il cielo…” cercavo qualcosa di meno banale da farle offuscare e tra me
ragionavo: “Una nuvola di niente come fa ad offuscare? Eppure questa deve per
forza offuscare altrimenti come faccio a scrivere…” Guardavo le probabilità,
doveva essere un niente contenuto da un hardware quindi era un software,
immaginavo un campo magnetico nel cui interno, dal nulla, si udivano bisbiglii
sommessi d’elettricità, non so se elettricità sia la parola giusta comunque
qualcosa che aveva a che fare con l’energia però non si vedeva niente e non si
poteva dire, lasciai in sospeso il complemento oggetto e mi limitai ad
“Offusca…” poi scrissi il verso seguente:
“Canna rollata
in un tubo di vetro
accesa con un
biglietto da cento dollari trovato per strada…”
la frase era venuta così, la guardavo incredulo, è vero, qualche
volta l’ho fatto, non con un centone ma usavo i biglietti da dieci mila, forse
un dejà vu, era uno sballo guardare bruciare il deca, l’avevo visto fare in un
film da un capitalista americano che si accendeva il sigaro appunto con il
centone, cercavo di collegarlo alla nuvola di niente mentre il centone bruciava,
il senso, il valore dei soldi ed il valore di chi li sa fare, i soldi si vedono,
il valore invece è relativo, lo si vede solo a prova fatta, ha la forma dei
soldi ma non sono i soldi, inoltre non sempre chi ha i soldi è detto che li
sappia fare. Il centone era bruciato, il suo valore si era volatizzato per aria
e finalmente la vidi allora scrissi il verso seguente:
“fumata alla
finestra, fumo di ieri precipita nell’abisso del passato…”
Il tempo, ecco, anche lui, la frase si evolveva dalla
precedente, chiusi la finestra sul deposito di Paperon de Paperoni, l’hardware
scoppiò, guardai il valore di oggi dentro la bolla di sapone e continuai:
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