Grotta buia, silenzio,
nessuna origine, si indovinano ombre nell’aria che volano frusciando sulla pelle
nuda, brividi d’un racconto di Poe dimenticato in un cassetto, le pareti si
stringono ma non si vede, non c’è luce poi si sente gocciolare, splash, la
goccia tintinna monetina saputella e s’allunga una lunga lingua fino
all’orizzonte, tra le tenebre pare, soltanto pare, sorgere l’alba, l’acqua
scroscia distante e s’avvicina un fiume, nell’attesa s’accende una lampada nel
camerino, appare uno specchio
e l’attore entra per
struccarsi.
Immagini dipinte da un
madonnaro sulla strada che i piedi calzati di ferro del tempo calpestano,
sbiadite, semicancellate le maschere, un rotolo di carta ricoperta da
scarabocchi s’allunga a tappeto, parole, nomi, frasi che si svegliano tra la
polvere, qualcuna tossisce, altre starnutiscono nel via vai di macchine che
s’apre alla città poi s’alza un elicottero e si vede da lontano, diventare
sempre più piccolo, laggiù, il mondo.
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